Davide Van De Sfroos fa qualche concessione in più alla lingua italiana, pur restando saldamente ancorato al dialetto "laghée", abbandona definitivamente i riferimenti alla musica celtica e si tuffa alla foce del Mississippi per dipingere una nuova serie di storie, accattivanti e, soprattutto, vere. Le storie del suo lago e delle sue valli, di minatori e contrabbandieri, bariste e maestri d'ascia, sciamani e playboy fuori moda, sino a tuffarsi nel Medioevo, nel racconto del cavaliere-highlander che diventa immortale proprio nel momento in cui vorrebbe farla finita. Un autore unico, non solo nel suo genere, che non cede alle lusinghe del mercato e prosegue per la sua strada, continuando a registrare nella cantina di casa, affacciata su quel lago che, lui lo dimostra, non è fatto solo di George Clooney ed economisti in doppiopetto. |